
Ci sono due film, realizzati qui nel Cilento, che davvero vale la pena di vedere: due film, splendidamente realizzati, che valorizzano la storia di un territorio cilentano e della sua lingua.
I due lavori sono stati realizzati dal regista Massimo Smuraglia, direttore della Scuola di Cinema “Anna Magnani” di Prato, in occasione del Campora Cinelab Festival, e recentemente proiettati nell’ambito della video conferenza “Storie di Campora”, organizzata dall’’Associazione Progetto Centola e dal Gruppo Mingardo/Lambro Cultura.
Rievocano accadimenti che fanno parte della storia dell’antico borgo cilentano di Campora: “Non è più tempo per martiri” e “Ombra” (quest’ultimo tratto dall’interessante libro del prof. Angelo Perriello, animatore del locale Comitato Civico “Padre Giuseppe Feola” e attivo sul territorio e sulle relazioni internazionali).
I messaggi lanciati dalle due pellicole sono i principi inalienabili e radicali dell’amicizia, della solidarietà, della fratellanza, della concordia, disgiunti, così, dalle posizioni ideologiche e dalle forme dello Stato; affronta tematiche quali il valore della cooperazione universale, la difesa e la promozione degli scambi e del dialogo fattuale tra i popoli.
Riassumendo brevemente la trama: il primo film rievoca l’importante figura di Padre Giuseppe Feola, barbaramente trucidato sulla pubblica piazza di Campora dalla banda del brigante Tardio, uomo fedele ai Borboni, nella notte del 3/4 giugno 1863; il secondo film si sviluppa attraverso l’intervista che un giornalista, nel mondo ultraterreno, rivolge a “Sua Eccellenza” Nicola Veltri, secondo podestà nel periodo monarchico e, poi, sindaco di Campora con l’avvento della Repubblica.
Oltre alla dovizia del dettagli storici e alla riproduzione accurata dei costumi dell’epoca (penso agli abiti, ai cappelli degli attori!), il regista Massimo Smuraglia, che cilentano non è, bensì toscano, ha scelto interpreti di Campora, che sotto la sua direzione hanno recitato brillantemente. In quale lingua? Il camporese, effettuando la scelta difficile, ma perfettamente riuscita, di valorizzare il lessico e il repertorio dialettico di Campora.

Il patrimonio lessicale del Cilento, preziosa testimonianza del tesoro culturale di un territorio e nello specifico di una sua comunità, Campora, è stato così messo in risalto.
La mia attenzione si è soffermata sulla scelta operata dal regista di utilizzare il dialetto ( con l’attenta ricerca linguistica che inevitabilmente ha preceduto la realizzazione dei film). Questa scelta (il dialetto camporese, si badi bene!, non il napoletano) ha prodotto due opere di assoluto valore: un fitto reticolato linguistico che restituisce una preziosissima testimonianza del patrimonio linguistico del territorio.
Di fronte a simili lavori pare irrinunciabile la mia riflessione, per il Cilento, sull’importanza di avere un progetto di ricerca ad ampio respiro dedicato allo studio lessicografico della parlata di Campora, e più in generale del Cilento, che sappia abbinare il rigore scientifico della disciplina etimologica al piacere della (ri)scoperta delle parole; proposito ambizioso, questo, che pone delle riflessioni: ha ancora senso, nel terzo millennio, prestare importanza alle parole, peraltro parole di una lingua non nazionale, non deputata all’ufficialità, ed esclusa dagli usi istituzionali?
Sì, secondo me. A mio avviso, infatti, proprio ora, nell’era della comunicazione digitale, la lessicografia dialettale va intesa come attento custode a salvaguardia delle nostre parole, preziose testimoni di quel reticolo di conoscenze, di sapere, di saggezza, di espressività che nessun’ altra lingua potrà mai veicolare.
Antonella Casaburi