Il summit Italia-Africa, tenuto a Roma il 28 e il 29 gennaio 2024, consolida l’intenzione del governo italiano di attuare, in accordo con diversi Paesi Africani, il cosiddetto piano Mattei. Si tratta di un progetto di sostegno allo sviluppo di tecnologie energetiche alternative che possano andare prima a integrarsi e poi a sostituirsi alle fonti energetiche tradizionali presenti nel continente africano. L’attuale produzione di petrolio e gas, infatti, ha diversi punti di debolezza: un basso impatto a livello occupazionale; inquinamento, allarmi di sicurezza ambientale; ricchezza che non ha migliorato le condizioni di vita della popolazione, portando invece aumento dell’indebitamento, della corruzione e dell’instabilità. Vista anche la propria posizione geografica, L’italia si pone quindi come principale rappresentante dell’Unione Europea nell’interlocuzione verso il mondo dei Paesi Africani per promuovere e collaborare a una transizione dall’energia degli idrocarburi all’energia del fotovoltaico, dell’eolico e del solare.
Il superamento del concetto di emergenza
Molto spesso, da quando è iniziata la guerra tra Russia e Ucraina, una delle preoccupazioni manifestate dai Paesi Europei è stata quella di vedere interrotto il flusso di Gas del territorio russo, oppure di dover affrontare costi estremamente maggiorati per continuare ad acquistarlo. La situazione incerta ha portato alla ricerca di fonti di approvvigionamento alternative, studiando le potenzialità deiPaesi Africani, e nello stesso tempo a potenziare lo sfruttamento delle fonti nazionali.
Gli allarmi sulla disponibilità di idrocarburi e della necessità di aumentare approvvigionamenti e scorte sono ora rientrati, ma all’Europa e all’Italia è rimasta la preoccupazione degli impatti che gli impianti africani oil&gas possono avere sul clima mondiale. Per questo è nato il piano Mattei, che dal grande dirigente italiano ambisce a ripetere la vision strategica.
La presentazione del piano italiano
Il piano, redatto dall’Italia, prevede lo stanziamento da parte del Governo Meloni, di 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie, provenienti dal fondo italiano sul clima e dal fondo per la Cooperazione allo sviluppo, e mirati a interventi di supporto nel passaggio graduale verso le fonti rinnovabili.
Il piano fa riferimento a dei progetti pilota già avviati con Paesi come Marocco, Kenya, Algeria, Mozambico, Egitto ed Etiopia e che vedono la partecipazione di società italiane di primo piano come Eni e Leonardo.
Per il Governo, il vero valore del progetto non si limita al piano di riconversione energetica, ma il suo articolarsi su 5 aree di intervento:
- istruzione e formazione professionale;
- salute;
- acqua;
- energia;
- agricoltura.
Perché investire in Africa?
Ma perché l’Europa ha deciso di investire, forse a fondo perduto, in Africa? Lo sviluppo tecnologico, la formazione, la trasmissione di una sostenibilità ambientale porterebbe occupazione, profitti e benefici locali, ma anche la diminuzione del fenomeno migratorio clandestino con il suo carico di morti in mare e di sfruttamento dei sopravvissuti, che vedono i propri sogni di libertà arenarsi ancora prima di aver raggiunto le spiagge italiane.
L’UE sembra plaudire all’iniziativa italiana. E i Paesi Africani come la pensano? Alcuni hanno dimostrato grande apprezzamento, altri sono al momento più tiepidi. Il presidente dell’Unione Africana Faki ha riscontrato con rincrescimento l’origine non condivisa del documento.
Le porte non sono spalancate, ma nemmeno chiuse. Al termine di questo summit, quello che rimane è il desiderio di collaborare, magari rimettendo mano al piano per una versione condivisa di un progetto importante in chiave di crescita di Paesi più deboli, sia per l’impegno della grande industria europea.