
La fauna tipica del Cilento riserva molte sorprese, tra le quali troviamo un animale che è allo stesso tempo un prodotto ittico prezioso e ricercato: l’aragosta di Palinuro. Il suo nome scientifico, Palinurus Elephas, fa riferimento proprio alla regione della Campania posta a sud di Salerno, sebbene questo crostaceo si possa trovare anche in altre zone del Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico Orientale.
Caratteristiche fisiche: come riconoscere l’aragosta
Questo animale viene definito anche aragosta spinosa, a causa delle due spine triangolari rivolte in avanti e poste anteriormente rispetto al carapace, oltre che per le numerose escrescenze appuntite che popolano il carapace. Questa caratteristica, insieme alle lunghe antenne e alle dimensioni considerevoli (può misurare anche 40 cm e raggiungere gli 8 kg di peso!), rende l’aragosta immediatamente riconoscibile. Inoltre, essa si distingue dall’astice per via della mancanza delle chele. Tuttavia, la femmina si riconosce perché provvista di due piccole pinze all’estremità di un paio di zampe: serviranno durante il periodo di cova per prendersi cura delle uova.

Biologia dell’aragosta
Il comportamento dell’aragosta è più curioso di quanto si potrebbe pensare. Ad esempio, questo animale può godere di un’alimentazione piuttosto variegata, grazie al suo apparato boccale munito di un forte rostro che riesce a rompere il guscio di molti molluschi. Apprezza, tuttavia, anche echinodermi di vario tipo, alghe e spugne, ma all’occorrenza può nutrirsi anche di altri crostacei e pesci.
L’accoppiamento avviene in un modo piuttosto complesso, che prevede in primo luogo la deposizione delle uova da parte della femmina, la quale strappa l’involucro delle cosiddette spermatofore. Si tratta di sacche dalla consistenza gelatinosa che si trovano dietro il terzo paio di zampe del maschio, contenenti gli spermatozoi. Questi vanno a fecondare gli ovuli, i quali si avvinghieranno alle setole della corazza della madre. Da questo momento inizia l’incubazione, la cui durata può variare tra i 5 e gli 8 mesi, a seconda della zona in cui l’animale vive, che determina a sua volta la temperatura dell’acqua. A seconda delle dimensioni, la femmina di aragosta dovrà covare tra le 13mila e le 134mila uova, la maggior parte delle quali si schiuderanno con il sopraggiungere dell’inverno, dando vita a larve lunghe appena 3 mm.
L’aragosta di Palinuro: un crostaceo molto peculiare
Dal momento della sua nascita in poi, l’aragosta dovrà affrontare, nel corso della sua vita, numerose mute. Le prime, circa una decina, avranno lo scopo di far acquisire all’animale la sua morfologia finale da adulto, mentre quelle successive serviranno a lasciare che il crostaceo possa crescere. Le dimensioni, in effetti, forniscono informazioni preziose circa l’età di un esemplare, suggerendo che le aragoste possono vivere anche per molto tempo (si pensa anche 130 anni). L’enzima telomerasi, infatti, rimane sempre attivo nel loro organismo, consentendo di continuare in maniera perpetua la crescita. Insomma, le aragoste non muoiono mai di vecchiaia, ma piuttosto a ucciderle sono altre cause: lo sforzo che richiede il cambio di carapace, la vulnerabilità alle infezioni batteriche alle quali sono esposte durante questa fase, e la pesca da parte dell’uomo. Si tratta, infatti, come tutti sappiamo, di un alimento molto pregiato nella cucina mediterranea, nonostante in passato fosse considerato un cibo povero, adatto esclusivamente a essere consumato dai servi. Oggi è un animale la cui esistenza è messa a rischio a causa della sua ricercatezza, ma dotato di un fascino sconosciuto ai più.