Uno dei libri piu’ amati negli anni 80 (e forse anche novanta) fu “101 storie Zen”, una piccola raccolta di poesie, scritte, emozioni ed esperienze dallo stampo orientale e, verosimilmente, improntato alla “conversazione” con quelli che oggi scopriamo di essere gli “occidentali”. Un libro bellissimo, comprensibilissimo in ogni “involucro” di pagina poetica, ma magneticamente pragmatico nel suo finale. “Alla fine potevi scegliere se essere un’altra persona o rimanere quello che eri. Ma questo e’ un mio zen-pensiero” cit ndr.
Il filone continuò con una serie di libri dedicata a quest’arte filosofica e, sotto certi tratti mistica, dello Zen. In generale sinonimo di essere rilassati, imperturbabili e tranquilli: Lo Zen e l’arte di aggiustare la motocicletta, meglio conosciuto come: Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta non e’ nient’altro che quello che meglio si adatta alla filosofia di vita vissuta nel Cilento: “be quiet and what to do list!” Questa frase la troveremo spesso nei prossimi video ed articoli dedicati a questa vasta e meravigliosa zona, ancora tutta da scoprire, in provincia di Salerno.
Da questo punto in poi la recensione e’ fatta da https://www.adelphi.it
“Questo romanzo è una Grande Avventura, a cavallo di una motocicletta e della mente, è una visione variegata dell’America on the road, dal Minnesota al Pacifico, e un lucido, tortuoso viaggio iniziatico.
Una mattina d’estate, il protagonista sale sulla sua vecchia, amata motocicletta, con il figlio undicenne sul sellino e accanto a lui un’altra moto con due amici. Parte per una vacanza con «più voglia di viaggiare che non di arrivare in un posto prestabilito». Ma fin dall’inizio tutto si mescola: il paesaggio, che muta di continuo dagli acquitrini alle praterie, ai boschi, ai canyons, i ricordi che dilagano nella mente, la rete tenace dei pensieri che si infittisce intorno al narratore. Per lui, viaggiare è un’occasione per sgombrare i canali della coscienza, «ormai ostruiti dalle macerie di pensieri divenuti stantii». E altri pensieri crescono come erbe dalla cronaca del viaggio: l’amico si ferma, ha un guasto, impreca, non sa cosa fare. E il narratore si chiede: qual è la differenza fra chi viaggia in motocicletta sapendo come la moto funziona e chi non lo sa? In che misura ci si deve occupare della manutenzione della propria motocicletta?
Mentre guarda smaglianti prati blu di fiori di lino, gli si formula già una risposta: «Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore». Questo pensiero è la minuscola leva che servirà a sollevare altre domande subito incombenti: da che cosa nasce la tecnologia, perché provoca odio, perché è illusorio sfuggirle? Che cos’è la Qualità? Perché non possiamo vivere senza di essa? Come un metafisico selvaggio, come un lupo avvezzo a sfuggire alle trappole dei cacciatori, che in questo caso sono le parole stesse, il narratore avanza con la sua moto per strade deserte o affollate, seguito dal fantasma di Platone e Aristotele, e soprattutto dal «fantasma della razionalità», invisibile plasmatore della motocicletta e di tutto il nostro mondo. Ma nella sua ricerca una voce si incrocia con la sua, quella del suo Doppio, Fedro, che anni prima aveva pensato quelle stesse cose e, dietro di esse, aveva incontrato la follia. Tutti e due vogliono testardamente risalire a quel punto, oscuro e lontano, in cui «ragione e Qualità si sono staccate». Giunti a quel punto, apparirebbe evidente, luminoso, che «la vera motocicletta a cui state lavorando è una moto che si chiama voi stessi».
Pubblicato nel 1974 negli Stati Uniti, prima opera di un autore sconosciuto, questo libro ha avuto subito un successo immenso (cinque ristampe nello stesso mese, quando apparve l’edizione tascabile), paragonabile soltanto a quello di Castaneda e di Tolkien. In breve è diventato un libro-simbolo, il romanzo di un «itinerario della mente» in cui molti si sono riconosciuti. “