La questione dei confini di Israele è complessa e fonte di contese internazionali. Dall’istituzione dello stato di Israele nel 1948, i suoi confini sono stati soggetti a cambiamenti e a dispute, soprattutto a seguito di guerre e negoziati con i vicini paesi arabi. La mancanza di un accordo definitivo sui confini è una delle principali questioni del conflitto israelo-palestinese.
Al momento della sua fondazione, Israele ha dichiarato i suoi confini secondo il piano di partizione delle Nazioni Unite, che prevedeva la creazione di due stati indipendenti, uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme come corpus separatum sotto controllo internazionale. Tuttavia, questo piano non fu mai pienamente attuato a causa del rifiuto da parte dei paesi arabi limitrofi e dello scoppio della guerra arabo-israeliana del 1948.
Dopo la guerra del 1948, i confini di Israele furono modificati e si estesero oltre quelli previsti dal piano di partizione, in seguito alla firma degli accordi di armistizio con i paesi arabi confinanti. Tali confini, noti come “linea verde”, hanno funzionato come confini de facto fino al 1967, quando Israele ha conquistato ulteriori territori durante la guerra dei Sei Giorni, inclusi la Cisgiordania, Gaza, le alture del Golan e la penisola del Sinai. Quest’ultima è stata successivamente restituita all’Egitto con gli accordi di pace del 1979.
Attualmente, il confine internazionalmente riconosciuto di Israele è ancora oggetto di dibattito, soprattutto per quanto riguarda la Cisgiordania e Gerusalemme Est, che Israele considera parte della sua capitale indivisibile, ma che la comunità internazionale generalmente non riconosce come tali. La situazione di Gaza è ulteriormente complicata dal controllo de facto da parte di Hamas dal 2007, nonostante Israele si sia ritirato dalla striscia nel 2005.
In sintesi, mentre Israele ha confini amministrativi e de facto, lo stato non ha confini definitivi accettati universalmente a causa delle continue dispute territoriali, soprattutto in relazione alla questione palestinese.