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Le torri costiere o saracene del Cilento, storia e funzionamento

Affondano le radici nell’antichità le “osservazioni fortificate” erette a presidio delle coste. Plutarco già ne descriveva l’utilizzo contro i pirati che infestavano il Mare Nostrum.

I Romani stessi realizzarono tali strutture difensive, rese necessarie dalle continue scorribande dei predoni marittimi che mettevano a repentaglio il loro florido commercio nel Mediterraneo. Sino al 67 a.C., quando la legge Gabinia consentì a Pompeo di dispiegare una flotta e ristabilire la tranquillità di quei mari da tempo insidiati.

L’urgenza di presidi sulle coste esposte
Con il crollo dell’Impero, un’ondata di violenza selvaggia si abbatté sui litorali dell’Italia meridionale. Genti germaniche, vandali e visigoti ne fecero facile preda, dando il via a una lunga stagione di saccheggi e razzie che avrebbero insanguinato quelle terre per secoli. Un flagello che si intensificò dopo il 632, con l’espansione dell’Islam verso occidente seguita alla morte di Maometto. Le fortificazioni costiere divennero allora una necessità impellente.

torre saracena
torre saracena


Il sistema angioino-aragonese
Furono gli Angioini i primi, tra il 1266 e il 1442, a ideare un piano organico di torri di avvistamento disposte in catena per vegliare e segnalare l’arrivo dei nemici. Un progetto che gli Aragonesi, loro successori dal 1442 al 1503, si adoperarono per portare a compimento. Sebbene in modo parziale e disordinato, con il controllo delle torri che finì per sfuggire al potere centrale, disperdendosi tra i feudatari locali più interessati a proteggere i propri domini che non le popolazioni esposte alle brutali incursioni saracene.

L’opera di Pedro Álvarez de Toledo
Bisognerà attendere la prima metà del XVI secolo perché maturi una visione strategica d’insieme. Sotto l’impero di Carlo V, il viceré di Napoli Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga impresse una svolta decisiva. Tra il 1532 e il 1553 avviò la costruzione di un sistema di torri costiere presidiate da guarnigioni armate e dotate di artiglieria. Un’opera resa urgente dalle continue scorrerie dei temibili corsari come Barbarossa e Dragut.

La svolta del 1563
Fu però il successore Pedro Afán Enríquez de Ribera, con l’editto del 1563, a imprimere un’accelerazione risolutiva. Impose la costruzione di una fitta serie di torri litoranee a pianta quadrata in posizione reciprocamente visibile lungo le coste esposte del Regno di Napoli. Un impegno economico gravoso, ripartito sulle “Università” (i comuni) mediante una tassa di 7 grana e un cavalluccio per ciascun “fuoco” (famiglia) censito. Una misura impopolare quanto necessaria.

L’imponente opera realizzata
Dell’ingente sforzo costruttivo resta traccia nelle circa 700 torri erette lungo i litorali italiani. Un vero e proprio sistema difensivo, di cui ben 350 torri sorsero nel Regno di Napoli, da Gaeta all’Abruzzo, incluse le 50 della penisola sorrentina tra le più esposte. Sette di esse furono edificate tra Salerno e Agropoli, mentre altre tre furono aggiunte nel 1566 nel territorio di Palinuro, verso la Calabria. Malgrado le resistenze dei comuni impoveriti e le inevitabili controversie sulla ripartizione degli oneri, nel 1567 una nuova imposta permise di completare il piano. Che fu infine realizzato, dopo quasi un secolo di sforzi, solo nel 1601.

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Due categorie di torri
A seconda della funzione, si distinguevano due tipologie principali: le grandi torri di difesa armate e presidiate a protezione degli insediamenti; e le più piccole torri di guardia o di avvistamento, dislocate in altura e lungo la costa anche in punti remoti, con il compito di monitorare l’orizzonte per segnalare l’arrivo del nemico. Esistevano inoltre varianti costruttive come le antiche torri angioine cilindriche, le aragonesi a pianta quadrata, e quelle del periodo vicereale con basamento a scarpa e feritoie per i cannoni.

Il sistema di comunicazione
Cuore del sistema erano le torri di avvistamento, disposte in modo che ognuna fosse visibile dalle due adiacenti formando un’ininterrotta catena di vedette. In caso di avvistamento di navi sospette, davano l’allarme con segnali di fumo di giorno e fuochi di notte, preceduti da rintocchi di campana. Il numero di fuochi o la direzione della fumata indicavano il numero approssimativo e la provenienza delle imbarcazioni nemiche avvistate, per consentire di predisporre le contromisure adeguate.

Il patrimonio delle torri cilentane
Questo maestoso sistema difensivo concepito cinque secoli or sono per contrastare la furia degli invasori sopravvive ancora oggi, a monito e testimonianza di un passato di lotte e privazioni. Le 136 torri censite nel 1748 dal litorale domiziano a quello cilentano rappresentano un patrimonio storico e archeologico inestimabile, gelosamente custodito in uno scenario di bellezza paesaggistica incomparabile. Sentinelle immobili a ricordare il valore e l’ingegno dei nostri avi nel preservare queste terre dall’annientamento.

redazione

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