
La storia millenaria del Cilento è legata anche al mito delle sirene che ha attraversato i secoli mantenendo intatto il suo fascino e la sua capacità di stuzzicare l’immaginazione degli appassionati di mitologia greca.
Secondo la leggenda, il Golfo di Napoli era abitato da tre di queste fantastiche creature: Partenope la vergine, Leucosia dalla pelle candida e Ligea dalla voce brillante. Il loro canto era un sottile strumento persuasivo di seduzione, quasi un drammatico anello di congiunzione tra l’amore e la morte.
Ligea era la più giovane delle sorelle. La sua voce melodiosa era la più dolce mai sentita sulla terra e tutti coloro che avevano modo di ascoltarla, anche da molto lontano, ne rimanevano completamente ammaliati.
Il mito delle sirene
Figlie di Melpomene, la musa della tragedia, e del dio fluviale Acheloo, le sirene erano raffigurate sui vasi greci come uccelli dal volto umano.
Il poeta romano Ovidio ci racconta nelle sue Metamorfosi che le sirene erano compagne di Persefone, figlia di Zeus. Quando questa fu rapita da Ade, le sirene implorarono gli dei perché fossero concesse loro le ali per cercarla. Demetra esaudì il loro desiderio, lasciando che conservassero i loro volti femminili e le loro voci umane.
Tradizionalmente nei racconti precedenti l’odissea, le sirene erano divinità marine poste all’imbocco del Canale di Sicilia, su un’isola situata tra l’isola di Aea (l’isola di Circe) e quella dei mostri Cariddi e Scilla che, con i loro canti dal fascino irresistibile, attiravano i marinai e li trascinavano alla morte. Cantavano, a quanto pare, profezie e canzoni ispirate all’Ade, l’Aldilà.

Ligea, Partenope e Leucosia infestavano le coste della Campania. Le loro voci erano armi di seduzione che attiravano gli ignari marinai verso la morte. Solo Ulisse, come racconta Omero, seppe resistere al loro incanto escogitando un piano ingegnoso.
Ulisse e le sirene
Le sirene appaiono in molti antichi miti greci. Una delle storie più famose si trova nell’Odissea di Omero in cui si narrano le vicende travagliate vissute da Ulisse.
L’Odisseo dopo aver sconfitto Troia con l’inganno, si era diretto verso Itaca, la sua isola. Ma dopo aver sconfitto e accecato Polifemo con un paletto di legno fu maledetto dal padre del ciclope, Poseidone, a vagare in luoghi remoti per un decennio.
Per un anno Ulisse visse Circe sull’isola Aea e, come regalo d’addio, la maga lo mise in guardia sulle sirene.
Queste bellissime e insidiose arpie furono il primo terribile pericolo che Ulisse e i suoi marinai dovettero incontrare nel loro lungo viaggio per mare. Le sirene distruggevano tutte le navi che navigavano a portata d’orecchio delle loro voci chiare e sensuali. I loro canti si diffondevano a grandi distanze e nessuno che cogliesse la cadenza dei loro toni dolci e magici poteva evitare di condurre le chiglie delle navi a infrangersi sulle rupi frastagliate.

Come Odisseo sconfisse Partenope, Leucosia e Ligea
Poiché l’eroe omerico voleva sentire il canto delle sirene, ordinò ai suoi uomini di legarlo strettamente all’albero della nave, dopo essersi assicurato che i suoi marinai avessero le orecchie tappate con la cera.
Le tre sirene Ligea, Partenope e Leucosia, infuriate e umiliate nell’orgoglio dal piano di Ulisse, si gettarono in mare durante una terribile tempesta.
Le onde del Mar Tirreno respinsero i loro corpi galleggianti, allontanandoli l’uno dall’altro. Quando finalmente toccarono di nuovo terra, le sirene si trasformarono in rocce.
Parthenope arrivò nell’isola di Megaride dove poi sorse Napoli: la sua testa si dice che corrisponda alla collina di Capodimonte e che la sua coda sia, invece, adagiata lungo la collina di Posillipo. Ligea finì sulla costa tirrenica della Calabria vicino a Terina. Leucosia si arenò, invece, sul lido di Posidonia, oggi Paestum, e diede il nome alla piccola Isola di Licosa.