di Antonella Casaburi – I giovani cilentani, cervelli in fuga e in equilibrio instabile tra emigrazione e ritorno, partono senza conoscere le proprie radici né le piccole, preziose perle del Cilento: abitati di antichissime origini che si aggrappavano l’un l’altro, arroccati su colline prospicienti il mare; località immerse nella natura, in montagna, fra boschi estesi di querce e castagne; paesi che sembravano usciti da una fiaba, circondati da mulini ad acqua, ruscelli e cascate; borghi isolati con piazze in pietra su cui s’affacciavano palazzi gentilizi e chiese secolari, cui si giungeva attraverso vicoli intrecciati e stretti, avvolti da un antico e misterioso fascino medievale. Luoghi che meritano di essere narrati; e di avere, loro stessi, voce per parlare!
Perché i giovani hanno una percezione così limitata del proprio territorio? Riflettiamo: finché non si è maggiorenni, pressappoco l’età del diploma, pochi ragazzi hanno la patente, figurarsi un’auto propria. E nel Cilento, senza un’auto, non ci si muove!
Molti emigreranno e non faranno ritorno, ma una cosa è certa: non faranno mai ritorno, né desidereranno mai tornare, se non hanno profonde radici cilentane!
I giovani, che studino o meno, non vedono prospettive lavorative per poter restare nel Cilento, e devono decidere se rimanere (e a far cosa?) o partire (e fare tanto!); gli adulti, che hanno una professione già avviata, non stimolano i figli a restare e spesse volte pensano seriamente di accodarsi alla diaspora dei giovani; e poi ci sono gli anziani: loro sì che restano a far vivere i paesi, ad aprire finestre e case, ad annaffiare i fiori colorati delle piazze. Gli anziani sono le radici ancora vive: gli unici custodi rimasti di tradizioni che stanno morendo. Dalla volontà di far scoprire (e riscoprire) il Cilento ai suoi abitanti è nata la mia decisione di far emergere a livello nazionale questa terra: è nato “Mirari”, un romanzo di formazione dei nostri tempi, che con uno sguardo esterno narra la biografia di una generazione di cilentani senza più radici.
Cilentani, borghi e cultura: tutti e tre sono in balia dell’abbandono. Ecco perché, insieme, debbono lottare contro l’abbandono!
Per contrastare la diaspora, il presupposto è che i giovani siano consapevoli di avere radici profonde: tutti quanti, che restino oppure emigrino, devono sentire forte l’appartenenza al Cilento!
Il ruolo della cultura è indispensabile perché i giovani non lascino questa terra senza avere profonde radici cilentane! Negli ultimi tempi molto si sta facendo per valorizzare la cultura del Cilento attraverso valide iniziative, ma ciò avviene a macchia di leopardo. La cultura, che può anche diventare lavoro, e che è innanzitutto valorizzazione della memoria di un popolo, necessita di strategie e canali promozionali nuovi, efficienti e coordinati.
La sinergia culturale deve coinvolgere non soltanto noi scrittori, che narrando manteniamo viva la storia di un popolo, ma tutte le altre arti ( musica, scultura, teatro, pittura, danza …), che insieme uniti possono veicolare i messaggi in maniera multisensoriale e, quindi, di sicuro impatto.
L’Arte è uno strumento potentissimo: svolge funzioni catartiche e veicola messaggi. Se ben indirizzata, l’Arte può smuovere tutto. Numerose volte ho parlato della necessità degli scrittori, e in maniera ancora più ampia delle varie forme artistiche, di unirsi, di interconnettersi per valorizzare il Cilento, un territorio geograficamente isolato.
Arroccandosi su posizioni di puerili campanilismi, fra pochi anni non resteranno più campanili da difendere! Al calo delle nascite e alle morti degli anziani si unisce l’emigrazione, che io definisco una vera e propria fuga: si svuotano borghi fino a qualche decennio fa ancora vivi, case abitate, piazze un tempo piene di voci e di colori. Resta il silenzio, avvolto dal verde della natura che si appropria degli spazi abitati, inglobandoli, fino a farne macerie.
Intorno al III secolo d. C. l’insabbiamento dei porti tagliò definitivamente fuori Velia dai collegamenti con Roma. Da quei tempi lontani nulla sembra cambiato. Il Cilento è tagliato fuori dai grandi collegamenti. Quanto è attuale la storia antica! E quanto isolati restano quei giovani cilentani che si affacciano al futuro e che cercano una via di fuga per raggiungere l’odierna Urbe: il mondo!
Col rischio incombente dell’abbandono di interi territori e della perdita, che potrebbe essere definitiva, della nostra millenaria identità, geograficamente isolati, non possiamo restare isolati anche culturalmente! Assumendoci il compito di farci sapienti custodi del nostro passato, con la consapevolezza che un popolo miope, che non conosce le proprie origini, è destinato al declino, noi intellettuali cilentani non possiamo più permetterci di restare culturalmente isolati.
Antonella Casaburi
Estratto dall’intervento “Giovani cilentani in bilico tra emigrazione e ritorno”, di Antonella Casaburi, contenuto nel volume “L’emigrazione nel Cilento tra diaspora e ritorno possibile”, a cura di Luciana Gravina e Ezio Martuscelli