di Pasquale Martucci – Quando ci imbattiamo nelle celebrazioni per San Cono è spesso difficile districarsi, perché sono tanti i Cono che si festeggiano, e spesso nello stesso giorno. Partiamo da San Conone di Alessandria d’Egitto vissuto nel VI secolo nel monastero di Pentucla, tra Gerico e il Giordano, di cui fu anche abate. Fu lodato soprattutto per la sua castità. In questo caso non ci soffermiamo molto perché si celebra il 19 febbraio e non paiono esserci nel territorio particolari occasioni di festeggiamento.
C’è poi San Conone detto l’ortolano (Nazareth, inizio III secolo – Panfilia, 250), ricordato nel Martirologio Romano come un agricoltore morto martire durante le persecuzioni dell’imperatore Decio. È venerato il 5 marzo. Nei racconti agiografici la sua figura è spesso sovrapposta a quella di san Cono il Taumaturgo.
San Cono, o Conone Navacita (Naso, 3 giugno 1139 – Naso, 28 marzo 1236), è stato un monaco cristiano cattolico (di tradizione orientale) e poi Igumeno; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica. È patrono di Naso, comune italiano della città metropolitana di Messina, e del comune di San Cono, nella città metropolitana di Catania. Si festeggia il 18 marzo, il 28 dicembre e in modo solenne il 1 settembre.
San Cono il Taumaturgo (I-II sec. d. C.), fu martire in Isauria, ed è il patrono principale di Castelcivita. È celebrato il 3 giugno, dies festivitatis, e il 5 marzo secondo i sinassari bizantini. In greco il nome è Konon, derivante da konos che significa cono; in latino è Conon, tradotto in Conone e familiarmente Cono. A Castelcivita la festività è la terza domenica di Pasqua (Inventio) e con solennità il 3 giugno. Si narra che nel 1344, a seguito della vittoria riportata sui calabresi, fu innalzata la Basilica superiore sul preesistente succorpo realizzato su ruderi romani dell’VIII-IX secolo. La chiesa in origine era dedicata a San Vito, ma con l’arrivo dei monaci bizantini che portarono il culto di San cono,Vescovo e Martire, la popolazione volle dedicare a lui la chiesa, in cui è raffigurato sul portone San Cono con i pani, per ricordare il miracolo che salvò il popolo dalla fame.
San Cono, o anche Conone, fu costretto dai genitori a sposarsi, sebbene fosse suo proposito conservare il celibato: riuscì a convincere anche la sua sposa e vissero una vita di castità. Pare che in ogni suo atto fosse guidato dall’Arcangelo Michele, Principe delle legioni celesti, che gli mostrò una veste bianca e gli insegnò la Fede in Cristo, battezzandolo nel nome della Santa Trinità. È celebrato soprattutto per il suo potere sui demoni. Si dice che il divino Conone ricevette da Dio tanta forza e potere sui demoni da sconfiggerli e renderli inoffensivi. Alcuni furono rinchiusi in vasi d’argilla che sigillò, nascose e collocò nelle fondamenta della sua casa da costruire. Si narra che, dopo la sua morte, scavando le fondamenta di quella dimora, i cristiani scoprirono 30 giare, sigillate ed interrate, dentro le quali erano chiusi gli spiriti maligni. Appena fu aperto uno solo di quei vasi, subito uscirono due terribili demoni infuriati che, liberando gli altri, devastarono e uccisero molti fedeli. La costruzione della Chiesa fu sospesa. Per intercessione di San Conone, cui furono offerti preghiere, veglie e digiuni, il luogo fu liberato dai demoni e la chiesa ultimata.
Abbiamo poi San Cono di Diano (XIII secolo), nativo di Teggiano e festeggiato il 3 giugno. Pare che si diede alla penitenza fin da bambino, fuggì da casa e si ritirò nel monastero benedettino di Santa Maria di Cadossa (ora santuario di San Cono) presso Montesano sulla Marcellana. A Teggiano questo santo si festeggia in diverse occasioni: il 3 giugno è la festa patronale in onore di San Cono patrono e protettore della Città e della Diocesi di Teggiano-Policastro; la 1ª domenica di agosto si svolge il pellegrinaggio in onore di San Cono al Monastero di Santa Maria di Cadossa nei pressi di Montesano sulla Marcellana; il 27 settembre c’è la festa della traslazione delle reliquie dal Monastero di Cadossa alla città di Teggiano; infine, il 17 dicembre, si tiene la festa del patrocinio dei santi patroni San Cono e San Laverio dopo lo scampato pericolo dai terremoti del 1857 e del 1980.
Nel 1497, sembra che, durante l’assedio di Diano da parte degli aragonesi, un episodio coinvolse un monaco che fu visto respingere i proiettili per salvare la città. Successivamente, sembra che preghiere e invocazioni al santo allontanarono la peste del seicento. Poi ci fu il terremoto del 1857 durante il quale l’apparizione di San Cono ancora preservò danni maggiori, ed allora i cittadini fecero costruire un obelisco per ricordare quell’evento.
Lo stesso santo di Teggiano si festeggia solennemente il 3 giugno anche a Laureana. Non si hanno notizie precise di quando il suo culto sia giunto a Laureana Cilento. Comunque agli inizi del 1600 il sacerdote don Francesco del Mercato ne parla come di qualcosa già esistente da tempo, e pare che la particolare devozione sia dovuta alla carità ed ai miracoli compiuti.
Qualche notizia di questo santo. La leggenda vuole che la santità di Cono fu preannunciata. Infatti, entrambi i genitori, in sogno, videro una fiaccola ardente uscire dal grembo della madre. Spaventati, al mattino si recarono dal parroco per raccontare il sogno e chiedere consiglio. Il santo sacerdote li rassicurò, dicendo loro che la fiaccola indicava l’amore di Dio che avrebbe infiammato il loro figlio. Cono già da piccolo dimostra di amare la preghiera e una vita austera. Ancora adolescente si sente chiamato alla vita monastica e, all’insaputa dei genitori, si reca al Monastero di S. Maria di Cadossa. I genitori cercano di riportarlo a casa, ma il giovinetto corre a rifugiarsi nella cucina del cenobio benedettino e, nella ricerca di un posto nascosto e inaccessibile, salta nel forno acceso. Resta miracolosamente illeso. Tutti sono colpiti dal prodigio e i genitori, accettando la volontà del figlio, fanno ritorno a Teggiano. Cono intraprende il noviziato e poco dopo, nel primo decennio del secolo XII, muore. Le sue spoglie furono sepolte nella chiesa del monastero, ritrovate nel 1261 e solennemente portate a Teggiano. La sua santità fu riconosciuta ufficialmente il 27 aprile del 1871. I suoi resti, sottoposti più volte a ricognizione canonica, sono venerati nella cappella della Chiesa Cattedrale di Santa Maria Maggiore in Teggiano.