Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un drastico calo di utenti sulle piattaforme di Metaverso più popolari. Horizons Worlds e Decentraland, solo per citarne alcune, hanno perso rispettivamente il 50% e il 70% dei visitatori. Le aspettative di una rivoluzione digitale che avrebbe ridefinito il nostro modo di comunicare e lavorare sembrano essersi scontrate con la dura realtà.
La delusione è palpabile, soprattutto per chi aveva investito somme ingenti in quella che sembrava una scommessa sicura. Meta, ad esempio, ha bruciato oltre 4 miliardi di dollari senza ottenere i risultati sperati. Eppure, nonostante le perdite, Mark Zuckerberg non ha alcuna intenzione di rallentare gli investimenti sui suoi Reality Labs. È chiaro che il re è ancora convinto di vincere la partita, sebbene il pubblico stia gradualmente abbandonando le arene di gioco. Forse il Metaverso non è ancora pronto per essere la nuova frontiera del web 3.0. Forse gli utenti non sono ancora maturi per accogliere una rivoluzione così radicale nel loro quotidiano. O forse, più semplicemente, questa bolla speculativa era destinata a sgonfiarsi così com’era improvvisamente esplosa.
L’intelligenza artificiale guiderà la rinascita?
Se il Metaverso arranca, l’intelligenza artificiale sembra invece correre veloce verso il successo. Aziende come Microsoft stanno rilasciando servizi basati su IA in grado di rivoluzionare l’esperienza dell’utente: riassunti automatici, suggerimenti di testo, classificazione delle email sono solo alcune delle funzioni rese possibili dai nuovi software.
È indubbio che l’IA migliorerà le potenzialità del Metaverso rendendolo più coinvolgente e immersivo. Ma basterà per risollevarne le sorti e attrarre di nuovo le masse? È presto per dirlo. Di certo le multinazionali tech continueranno a investire ingenti risorse nella combinazione di realtà virtuale e intelligenza artificiale. Starà poi agli utenti, con i loro comportamenti, decretare il successo o meno di questa unione.
Ansiosi come siamo di delegare sempre più compiti alle macchine, c’è da scommettere che almeno in parte sapranno convincerci a tornare a popolare i loro magici regni virtuali. Del resto, se già oggi lasciamo che l’IA ci suggerisca film, canzoni e prodotti su misura, perché non dovremmo fidarci di lei anche per orientarci in questi nuovi mondi immersivi? La tecnologia ci ha abituati a comodità e personalizzazione spinte; difficilmente torneremo indietro.
I mondi virtuali vincenti puntano sul coinvolgimento
Se da un lato piattaforme come Decentraland arrancano, dall’altro i mondi virtuali che puntano tutto sull’engagement degli utenti, come i videogiochi online, continuano a mietere consensi. Titoli come Fortnite e Roblox coinvolgono gli utenti in storyline avvincenti e in costante evoluzione. Le interazioni sociali flouriscono in questi ambienti dinamici “a prova di noia”.
Al contrario, lasciando agli utenti piena libertà di plasmare lo spazio digitale senza fornire una cornice narrativa coinvolgente, il rischio è quello di ottenere mondi disorganici e poco attrattivi per le masse. In sostanza, ciò che emerge è che gli esseri umani, pur nell’artificiosità del digitale, sentono ancora il bisogno di storie e sfide per dare un senso al loro agire. Ignorare questo bisogno primordiale può rivelarsi fatale.
I mondi virtuali devono essere dunque living games, capaci di evolversi costantemente in base alle azioni degli utenti ma all’interno di una cornice narrativa definita. Sandbox troppo aperti, dove ognuno può plasmare lo spazio a suo piacimento, rischiano di apparire caotici e di non attrarre l’attenzione nel lungo periodo. Gli esseri umani bramano libertà ma nei limiti di un contesto che conferisca significato alle loro azioni.
In conclusione, il sentiero del Metaverso è ancora tutto da tracciare. Gli inciampi iniziali erano probabilmente inevitabili data l’arditezza del progetto. La strada da fare è ancora lunga, ma con intelligenza artificiale, creatività e rispetto dei bisogni profondi degli utenti la meta può essere raggiunta. Il potenziale c’è. Sta a noi sfruttarlo al meglio, con la consapevolezza che il digitale non potrà mai sostituire del tutto la ricchezza dell’esperienza umana diretta. Il virtuale dovrà essere un’estensione armonica del reale, non una forzatura innaturale. Solo così conquisterà davvero le nostre vite.