di Antonella Casaburi – “Il dado è tratto”, pare abbia detto il generale Caio Giulio Cesare la notte fra il 10 e l’11 gennaio del 49 a. C., quando all’alba oltrepassò in armi il Rubicone. Alla guida dei suoi vittoriosi e fedelissimi veterani della Gallia, Giulio Cesare attraversò in armi il fiume Rubicone che indicava il limite oltre il quale, secondo le antiche leggi romane, nessun esercito avrebbe mai potuto avanzare armato! Inaspettatamente Cesare varcò quel confine, dando vita alla sanguinosa guerra civile che vide opposti i suoi Populares ai Conservatores di Pompeo.
Il dado è tratto, “Alea iacta est”, ovvero: la decisione è stata presa. Sono le celebri parole pronunciate da Cesare quando, varcando il Rubicone, tra Rimini e Cesena, diede inizio alla guerra civile contro l’ex alleato Pompeo: un atto che avrebbe cambiato le sorti della Repubblica di Roma, un gesto le cui ricadute avrebbero cambiato la storia.
Perché Cesare aveva osato sfidare le leggi di Roma, varcando con le sue legioni il Rubicone, che rappresentava il confine politico della penisola italiana? La sua guerra nelle Gallie era trionfalmente terminato, e così il suo incarico. Ma, entrando a Roma come privato cittadino, ad attenderlo avrebbe trovato gli scagnozzi di Pompeo, che oramai suo nemico aveva il Senato dalla sua parte. I tribuni della plebe, ostacolati dal Senato, avevano provato invano a difendere le ragioni di Cesare, giungendo perfino ad esercitando il diritto di veto; ma essi stessi erano dovuti scappare da Roma, per mettersi in salvo. A Cesare, dunque restavano due sole scelte: un vero suicidio, se mai fosse entrato a Roma da privato cittadino, o la guerra civile, oltrepassando in armi il Rubicone.
“Alea iacta est” dichiarò Cesare la notte fra il 10 e l’11 gennaio del 49 a. C., conquistando Roma e cambiando il destino del mondo.
Antonella Casaburi